

| Presentazione a cura di Ermanno Romanelli
Nell’anniversario dei 300 anni dalla nascita di Johann Joachim Winckelmann (1717 –1768), “padre” dell'archeologia moderna, il Balletto del Sud, la dinamica e polivalente compagnia diretta da Fredy Franzutti, presenta una serata interamente dedicata alla mitologia e alle figure della letteratura classica.
Danza e Mito sono la carne e il verbo della nostra storia sin dai tempi più profondi, sono il manifesto e la metafora di energie spesso in conflitto tra loro, sono lo specchio di un eterno presente, che cerca di rispondere alle domande che contano e ci perseguitano, da sempre: chi siamo? Da dove veniamo e dove andiamo? Cosa c’è dopo la morte?
Entrambe le esperienze, Danza e Mito, si sono affermate come forme d'arte, strumenti di conoscenza e comunicazione, spesso unite in relazioni stabili, storicamente definite da un continente ad un altro, pur nella particolare devozione d’ogni cultura alla propria mitologia. Qual è la motivazione interiore, e l’esito, di tale sodalizio? Sogni, tradotti in leggende, narrazioni, e danze, sono stati l’approdo di un incessante dialogo, di una possibile teorizzazione e rappresentazione di genesi, modi d’essere e risultanze della natura umana.
La Mitologia, manufatto del pensiero al pari di Filosofia e Teologia, sbocciata ovunque ci fossero i tratti di una antica e nobile civiltà, ha cercato di illuminare, ammendare e organizzare il Grande Caos nel quale, come uomini, siamo immersi. È il calderone quotidiano dove si mescolano e convivono buone maniere e aggressività, tolleranza e follia, edonismo e slanci di generosa creatività. È attraverso i Miti, maschere degli dèi, metafora di ciò che è dentro e oltre la realtà, che l'umanità cerca da sempre di comunicare con il Divino.
Benché esaltate nelle reciproche diversità, Danza e Mito hanno condiviso temi e figure, e percorso, ciascuna, labirinti costellati di enigmi, offerti all’interpretazione interattiva e soggettiva dell'osservatore: il pubblico.
La stessa “nascita” del balletto è dovuta, per convenzione, ad una fastosa cerimonia popolata da sirene, satiri, ninfe, dèi: il Balet Comique de la Royne, ovvero Cyrcé et ses nymphes. È il 1581, Palais du Petit Bourbon, a Parigi. Caterina de’ Medici, cólta regina madre di Francia, imbevuta di umanesimo fiorentino, lo ordina per celebrare le nozze di Margherita di Lorena-Vaudemont (sorella della regina Luisa, sua nuora), con il duca di Joyeuse, favorito di Enrico III, suo figlio, l’ultimo dei re Valois. L'eco dell’allestimento, con oltre cinque ore di musica, canto, danza, è tale che i sovrani del tempo fanno a gara per avere a corte un maître de ballet. L’uso del francese come referente tecnico linguistico del balletto inizia da tale evento, carico di rievocazioni mitologiche. La Circe del Balet Comique è “solo” la prima di un articolato inventario, storicamente documentato, di figure femminili che, attraverso la danza, e il travestimento mitologico, hanno aperto spiragli di intima comprensione sulla femminilità.
Un altro soggetto mitologico è nel più antico balletto tuttora eseguito: “I Capricci di Cupido” (1786), rappresentato a Copenaghen con le coreografie dell'italiano Vincenzo Galeotti, direttore del Balletto Reale Danese. Sempre nel ‘700, e nel secolo che segue, l'ammirazione per gli scavi e le scoperte di Winckelmann influenza le arti e la creatività dell'Europa, ed è nel segno di un mitico vagheggiamento di sensualità e libertà che Isadora Duncan inaugura il ‘900. Un secondo e decisivo ritorno all’Antico è decretato dalla visionaria essenzialità di Nijinsky ne “L'Après-midi d'un faune", scandalosa esplorazione di una carnalità animalier. Altra corsa, nel ‘900, è l'epopea di Apollo, elemento fondante del più puro neoclassicismo illuminato dalla musica di Igor´Stravinskij per la coreografia di George Balanchine, in un felice legame artistico confermato in "Orfeo" e "Agon".
Il programma della serata mitologica del Balletto del Sud, oggi l'unica compagnia italiana in grado di presentare con rigore e qualità tecnica un programma così impervio, presenta titoli che sono capisaldi del genere balletto narrativo.
L’inizio della serata è con il celeberrimo passo a due dedicato alle figure di “Diana e Atteone”, coreografato da Agrippina Vaganova nel 1935 su musiche di Riccardo Drigo riorchestrate da Cesare Pugni, autentico cavallo di battaglia delle grandi coppie di virtuosi di tutto il mondo. Seguono le ricostruzioni di Franzutti della prima coreografia di Luis Mérante del passo a due di “Sylvia e Aminta” (1876), su musiche di Léo Delibes, e il rarissimo “Amore e Psiche”, su musiche di Ludwig Minkus, brano d'occasione creato da Leonid Lavrovskij, negli anni ‘30, per i solisti dal Teatro Bolscioi di Mosca. La serata fa vivere anche gli amori contrastati di Apollo e Dafne, Orfeo ed Euridice, Piramo e Tisbe (tra i soggetti che hanno ispirato “Romeo e Giulietta”), e ancora Ipponoo, nell'atto di imbrigliare Pegaso, la fiera alata. Partecipa allo spettacolo di danza, musica e teatro, l'attore Andrea Sirianni, residente nella compagnia, impegnato nell’interpretazione di testi di Gabriele D'Annunzio, il monologo dell'Aiace, di Sofocle, e l'Ulisse, avvolto dalle fiamme, dal XXVI canto dell'Inferno di Dante.
Tutti i protagonisti delle mille mitologie sono stati un giorno, forse, persone reali, il cui breve percorso umano si è eternato nella leggenda. Non ci è dato saperlo. Gli intrecci fra Danza e Mito restano aperti, come lo è la musica dell'Universo, perché i modi e i temi di entrambi sono senza tempo. Raccontano “il cerchio della vita, la nascita, la maturità, la morte”. Mantenere vivo, aperto e credibile questo cerchio è compito degli artisti e, in particolare, dei danzatori, araldi di una magia sospesa tra passato e presente, profano e sovrumano.
Ermanno Romanelli
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