| Presentazione
Una serata in maschera, con ospiti d’eccezione, per festeggiare il Carnevale. Occasione, anche, per un suggestivo viaggio alla ricerca di ciò che la ricca tradizione italiana ed europea della maschera – risalente alla notte dei tempi ma fiorita in particolar modo a partire dal Settecento – han seminato nel campo fecondo del balletto, in specie a cavallo fra Ottocento e Novecento. Un viaggio sulle tracce di Fredy Franzutti che, ispirato in primo luogo dal celebre Carnaval di Fokine, ha riunito intorno ad esso altri pregiati pezzi di repertorio e nuove invenzioni, insieme a composizioni musicali e brani d’opera, in un percorso di evocazione e riscoperta. Maschere e mascherine, nonché porcellane e ninnoli aventi per soggetto le maschere, sono stati una tenace passione nella buona società fra XIX e XX secolo: non solo nei salotti intimi e familiari di gozzaniana memoria, ma in magioni aristocratiche e della migliore borghesia, che collezionavano preziose riproduzioni di maschere o gruppi di maschere provenienti dalle manifatture di Capodimonte o di Meissen o da altre meno note ma non meno pregiate produzioni locali. Le stesse maschere hanno poi costituito materia speciale di scapricciamento della vena artistica, sia aulica che popolare, nel primo Novecento, nelle diverse rapide fioriture del Liberty e oltre, nelle sue varie declinazioni nazionali. Si pensi, per l’ Italia alle statuine di Lenci, già di delizioso gusto déco.
E’ a questa passione per la maschere, a questo gusto diffuso, che si ispirarono grandi maestri come Marius Petipa e Michel Fokine nell’ideare alcune loro creazioni.
Petipa creò il suo Harlequinade (anche noto come Les millions d’Arlequin) nell’anno 1900 a San Pietroburgo. Tanto il balletto quanto la musica, dell’italiano Riccardo Drigo, ebbero grande successo, al punto che una delle melodie di Drigo divenne una serenata popolare, resa celebre da Beniamino Gigli. Ancora di Petipa il passo a due Il Carnevale di Venezia, ideato nel 1859 su musica di Cesare Pugni per la ballerina italiana Amalia Ferraris e più tardi integrato nel balletto Satanella (Le diable amoureux). Carnaval di Fokine è un breve atto unico, creato in Russia nel marzo del 1910 e già celebre, a pochi mesi dal debutto, grazie alla riproposizione che ne fecero a Berlino i “Ballets Russes” di Diaghilev, protagonisti la delicata Lydia Lopokova e il “divino” Nijinskij. Fokine ideò il balletto sulla omonima suite per pianoforte Op. 9 di Robert Schumann, opportunamente orchestrata. I costumi di Carnaval, disegnati originariamente da Léon Bakst, sono stati ricostruiti grazie alla generosità di Carla Fracci e Beppe Menegatti che han fatto omaggio a Franzutti del volume che raccoglie gli schizzi originali da loro utilizzati per la ripresa del balletto a Verona (1996). Altri piccoli gioielli costellano la serata: The Fairy Doll (Die puppenfee), nella versione coreografata per il Teatro Ermitage di San Pietroburgo nel 1903 dai fratelli Nikolaj e Sergej Legat su musiche dell’austriaco Josef Bayer e ispirata al medesimo racconto di Hoffmann che aveva ispirato la Coppélia di Saint-Léon–Delibes, e infine La morisca, cioé una Cachucha, il pezzo più antico qui riproposto, creata nel 1836 per la grande Fanny Elssler che ne fece il suo insuperato cavallo di battaglia. Anche i passi della Cachucha della Ellsler sono stati trasmessi al Maestro Franzutti da Carla Fracci, che li aveva studiati (sulla base della ricostruzione di Ann Hurchinson) per la sua interpretazione della Elssler nel film “Le ballerine” (1987). Completano il programma altre creazioni di Fredy Franzutti – alcune delle quali novità assolute – tutte ispirate al tema della maschera o della festa in maschera. |